Racconti di Daniela Rindi

Il vestito



 

 

   

"Io odio queste serate!" Ripeteva furiosa Elisa andando su e giù alle quattro del mattino per il monolocale, un' ex portineria del palazzo, al piano terra, senza grate, che costava poco e se lo poteva permettere per avere solo vent'anni. In più era situato in Parioli, un quartiere elegante di Roma. Quella mattina si era già svegliata inquieta e di cattivo umore e la giornata non prometteva niente di buono. Era molto agitata per quell'inaspettato invito a cena. Qualche giorno prima, durante l'ultimo set di lavorazione, il protagonista del film, un famoso attore, anche lui "lumbard", le aveva chiesto il numero di telefono. Incredula, ieri ricevette la sua telefonata e un l'appuntamento. Già davanti al suo triste yogurt magro, unica cosa trovata nel frigo minimalista, pensava a cosa avrebbe dovuto indossare: gonna o pantaloni, minigonna o fuseau attillati? Tacco vertiginoso, oppure stivale disinvolto? Camicia o maglietta scollata? Panico. Il look è veramente importante. Voleva piacere, sembrare disponibile, ma non troppo. Perché era così difficile fare l'attrice? Andò a schiarirsi le idee sotto la doccia. Uscita dal bagno, avvolta da una nube di vapore al profumo di zucchero filato, sentì la voce dell'attore in segreteria telefonica: "Angelo, per stasera c'è un cambio di programma, festa a casa del proprietario del Gilda", noto locale notturno." Ti passo a prendere alle dieci. Ciao piccola!" "Intanto mi chiamo Elisa e poi non sono la tua piccola" Borbottò stizzita Elisa, che continuava a trovare il gergo radical-confidenziale di quell'ambiente, fastidioso e improprio. Era un modo per farti sentire parte della loro grande famiglia. Elisa era già fuggita dalla sua, impensabile averne un'altra, così finta e opportunista. Bene, la serata si sarebbe fatta interessante e sempre più impegnativa la scelta del look.

Le ore del pomeriggio passarono lente e inesorabili, un po' buttata sul letto, un occhio alla televisione e l'altro all'armadio, unica mobilia del monolocale, a parte un bellissimo pianoforte verticale, entrato a forza in cucina al posto del tavolo. Elisa aveva poche certezze e punti fermi, ma irrinunciabili. Il vestito nero e il tacco ebbero la meglio, da vera bionda "femme fatale". L'attore, sulla cinquantina, età di suo padre, puntualissimo, suonò al citofono ed Elisa ebbe un tuffo al cuore. Oramai era in ballo: "Ceder un peu c'est capituler beaucoup". La conversazione in macchina fu allegra e disimpegnata. Lui era pieno d'attenzioni, un po' soprappeso, ma almeno non smentiva la sua fama di brillante attore comico, oramai parte della storia della Commedia all'Italiana. Arrivarono al portone di un bellissimo palazzo in Prati. Lui premette il bottone del citofono con scritto "ORE PASTI". Una voce di donna li invitò a salire all'attico. Le gambe d'Elisa cominciarono a dar segni di cedimento, aveva paura, la stessa che le prendeva allo stomaco quando andava in scena ad una prima e da dietro le quinte sentiva il bisbiglio del pubblico diminuire. Il segnale: "Buio in sala!" La porta dell'ascensore si aprì, accidenti che sala! Tutta lastricata di marmo, con colonne stile corinzio al centro, luci soffuse di finti candelabri, un buffet da mille e una notte, in fondo alla sala una trentina di persone in abito scuro. Il vestito e il tacco erano perfetti. L'attore la presentò al padrone di casa e ad altri ospiti. La curiosità attorno alla sua persona era eccessiva, sembrava un ospite veramente atteso con ansia. Elisa aveva già lavorato un po' nel cinema, ma non era così famosa! Avranno pensato ad una nuova "protetta".

Il padrone di casa l'accompagnò al buffet, insieme ad una signora molto chic, sulla quarantina. La donna afferrò una mano d'Elisa e, prendendo da una salsiera sulla tavola una cucchiaiata di polvere bianca, gliela versò sul palmo. Elisa rimase a bocca aperta…non aveva mai visto tanta roba tutta insieme! L'euforia non tardò ad arrivare, si sentiva a casa sua, tutti erano simpatici e cordiali, parlava… parlava in continuazione, ogni tanto un richiamo alla salsiera e così via, tutta la sera. Mentre stava facendo un monologo ad uno sconosciuto, la donna chic la interruppe, chiedendole di seguirla. Elisa, con il sorriso ormai stampato, obbedì. Fecero un lungo corridoio, fino ad arrivare ad una porta, dove fu invitata ad entrare e la donna subito dietro. In quella stanza da letto in penombra, c'erano l'attore e il padrone di casa. L'attore cercò di mettere Elisa a suo agio, offrendole da bere e altra salsa. Avrebbero solo guardato, gli uomini non sarebbero intervenuti. "Che botta", pensò Elisa, sfoderò un bel sorriso nervosetto, ripose il bicchiere e chiese un taxi. I tre tentarono di tranquillizzarla, lei prese una manciata di polvere bianca, se la mise in tasca e si avviò verso la porta. La seguirono nel corridoio, lei con passo deciso arrivò all'ascensore, si infilò il cappotto, l'attore l'afferrò per un braccio. Elisa si liberò incazzata. Erano quasi le quattro del mattino, Elisa stava rientrando al suo monolocale. Le luci della città scorrevano silenziose dal finestrino, infilò la mano in tasca, si ciucciò il dito e sorrise.


          


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