LETTERA TRISTE
Cara Scarlet,
che giornata ieri! Alle sei meno dieci minuti ero già in
servizio in caserma, da solo. Qualche collega era ai piani
superiori, ma a dormire negli alloggi.
L'ufficio del comandante era chiuso, come sempre a
quell'ora, ma ieri sarebbe rimasto chiuso, o, almeno, sapevo
che non sarebbe stato aperto da lui.
Poco prima del sorgere del sole ho appeso la bandiera nel
giardino, ma per la circostanza, a mezz'asta, così è stato
disposto per tutta la settimana. Ho sollevato la bandiera
piano piano, non volevo che la corda si inceppasse o uscisse
dal rocchetto. Volevo che tutto fosse perfetto. Il mio capo
mi stava guardando. Lo sentivo.
Alle otto, orario di apertura degli uffici, il citofono ha
suonato una volta in meno. Sono arrivati i due marescialli
giovani addetti ai servizi e il nostro scrivano. E basta.
Dalla postazione nel corpo di guardia, ieri, sotto il grande
albero di carrube del nostro giardino, non vedevo la punto
del capo. Non c'era niente. Solo una chiazza di olio sul
terreno.
«Buongiorno maresciallo», ero solito dirgli mentre gli
aprivo il cancello, e lui: «Ciao», e mi sorrideva, come per
dire «Ah, oggi ci sei tu, quindi non dovrò arrabbiarmi.»
Anch'io gli sorridevo sempre in quel momento. Non mi
sorprendeva mai sul divano a guardare la tv. Ero sempre
vicino al fax, alla radio di servizio o al telefono. Molte
volte l'ho sentito rimproverare alcuni colleghi per la
divisa in disordine, e ogni volta aggiungeva: «Quando vi
vedrò con una divisa alla Della Monica?» Ora non lo dirà più
e se lo sentirò dire da qualcun altro non sarà la stessa
cosa.
A mezza mattinata era solito portarmi il giornale, quello
regionale, che non ho mai trovato interessante, ma lui me lo
porgeva convinto di farmi cosa gradita, e allora lo leggevo.
Ricordo ancora quando, un paio di anni fa, strillò ad un
collega per aver trovato una montagna di vecchi numeri di
quel quotidiano sotto i cuscini del divano, che erano stati
messi lì per compensare un notevole affossamento.
«Se questa è la fine che dovete far fare al giornale, non lo
faccio più portare!»
Io gli risposi: «A marescia’, ma tanto chi se la legge
quella palla?» Era rimasto muto, di cacca. Quell'espressione
fu anche motivo di risata tra me e i miei colleghi, in
seguito. Da me non si aspettava una risposta del genere. Che
idiota che sono stato!
Ieri, poi, poco dopo aver smontato mi sono incontrato con un
gruppo di colleghi e siamo partiti per il suo paese, a circa
sessanta chilometri dalla caserma. Al funerale c'era una
folla inaspettata di gente, secondo me quasi duemila
persone. Mi ha fatto molto piacere.
C'erano tutti i miei colleghi, provenienti da un po' tutti i
reparti, persino il generale. La chiesetta poteva ospitare
solo una minima parte dei presenti. Poi c'è stata la
processione fino al cimitero. Non scorderò mai l'espressione
della moglie abbracciata alle figlie e la voce di una di
quest'ultime nel momento in cui la bara veniva spinta nel
loculo: «Ciao papà.» Povera piccola.
Oggi poi sono stordito. Dopo aver lavorato anche di notte,
ho dormito circa 13 ore. Quando mi sono svegliato era già
buio. Sai, durante la messa, ieri, la luce è andata via per
un po'...
Sono stordito e ancora sconvolto, quindi, ma cosa dobbiamo
farci? Il mondo è un grande palcoscenico e ognuno di noi ha
la sua parte, che non si può cambiare.
Un abbraccio forte.
Gianluca.
"Così va il mondo" di Scarlet.
Caro Gianluca,
così va il mondo. Tu sei ancora piccolo, vedrai tra qualche
anno, quando sempre più spesso quelli che hai intorno, che
ami o odi, ma che perdio sono lì, vivi, da un giorno
all'altro se ne vanno. Il numero cresce con gli anni e a te
ti viene il complesso del sopravvissuto, ti senti in colpa
che è successo a loro, che tu l'hai scampata.
Contemporaneamente ti si scatenano dentro tutti i sentimenti
possibili, dal renderti conto della caducità delle cose al
pensare che bisogna vivere il momento, sempre, al toccarti i
cosiddetti, anche se non ce li hai, perché siamo umani ed è
umano aver paura.
Il mio precedente fidanzato diceva sempre quando moriva
qualcuno "meglio lui che me" e ti sembrava cinico, ma era il
suo modo di difendersi dall'angoscia, perché poi, come lui,
non ho conosciuto nessuno al mondo che si prodigasse persino
per lavare e vestire il morto, che aiutasse la famiglia, che
provvedesse a tutti, soprattutto che piangesse lacrime vere,
che per anni ricordasse puntualmente sempre questo o quel
parente o amico o conoscente morto, che andasse al cimitero
e non perdesse un anniversario o una messa.
Mi dispiace per il tuo superiore. Che riposi in pace.
Ora vado a nanna che ho avuto una giornata campale.
Ti abbraccio forte forte. Oggi, ciascuno per le sue ragioni,
ne abbiamo bisogno tutti e due e chissenefrega se abbiamo
età diverse.
Scarlet